Via Flaminia

Otricoli

La strada fu tracciata fra il 220 e il 219 a.C. dal censore Caio Flaminio, uno dei principali artefici dell’espansione verso la valle padana, riutilizzando percorsi più antichi, legati alle forme di popolamento sparso, tipici dell’ambiente umbro-italico. La costruzione adotta i criteri normalmente utilizzati per le vie di carattere militare, alle quali era assegnata la funzione principale di raggiungere nel più breve tempo possibile le zone occupate e di mantenerne il controllo; era pertanto indispensabile contare su percorsi diretti, che evitassero le insidie dell’attraversamento di centri abitati o di andamenti tortuosi. Le ingegnose opere per il superamento degli ostacoli naturali e la praticabilità della strada in ogni circostanza e momento dell’anno erano dunque requisiti fondamentali. Di pari importanza era la manutenzione. Il maggiore intervento fu quello di Augusto, in occasione del settimo consolato del 27 a.C., che ricostruì la maggior parte delle sostruzioni e dei ponti, curando l’urbanistica delle città che sorgevano lungo il suo percorso. Le caratteristiche costruttive non differiscono da quelle codificate per questo tipo di infrastrutture e comuni alle maggiori arterie del mondo romano: alla progettazione di un tracciato con andamento prevalentemente rettilineo, si univa la realizzazione di una sede stradale la cui larghezza era tale da permettere il passaggio contemporaneo di due carri, non inferiore – in tutto il tratto “umbro” – a m. 3,90/4,10, canonici per le vie di grande comunicazione; nell’attraversamento dei centri abitati, dei quali costituiva l’asse principale, la strada aveva ricevuto una pavimentazione, frequentemente sistemata e adattata, ancora visibile, ad esempio, sia ad Otricoli che a Carsulae; nelle zone extraurbane è probabile che non esistesse una vera e propria superficie basolata, ma solo glareata, tale comunque da garantire una sufficiente tenuta e un’agevole manutenzione, mentre non è certa la presenza di marciapiedi appositamente costruiti, come invece nelle città. I centri abitati principali della regione, non toccati direttamente dalla strada, erano ad essa collegati con diverticoli, così come percorsi trasversali univano la Flaminia alle altre direttrici più importanti, come la via Amerina.

Il percorso

La via Flaminia attraversava la regione, da Otricoli a Scheggia, e per lunghi tratti è ancora correttamente identificabile e ben conservata. La viabilità moderna si è spesso sovrapposta a quella antica, mentre solo alcuni tratti sono incerti, essendo stati coinvolti in frane o trasformazioni del terreno.
La strada entra nell’attuale territorio umbro poco prima di Otricoli, attraversando il Tevere sul pons Minucius ancora visibile nel Settecento. Fino a Narni, la Flaminia segue un percorso di mezza costa, spesso sostenuta da poderosi muri di sostruzione, come quello in loc. Le Grazie, che forma tuttora il sostegno all’attuale strada statale, scendendo poi verso la stretta vallata del Nera, superata su uno dei più imponenti manufatti dell’intera arteria, il ponte di Augusto. Qui avviene una biforcazione, con un tratto che prosegue rettilineo verso Carsulae e Bevagna ed uno che attraversa Terni e Spoleto, ricongiungendosi poi con il primo all’altezza di Forum Flaminii. La presenza di due tratti distinti si spiega con la diversa funzione svolta dall’arteria, che ad occidente percorre una larga pianura con andamento rettilineo, esaltandone quindi le caratteristiche di via militare, ad oriente invece attraversa una zona fortemente urbanizzata e quindi di maggiore interesse economico e commerciale. Lungo il tratto occidentale, dopo aver varcato su altrettanti ponti i torrenti Calamone e Caldaro, la Flaminia sale verso l’odierna Sangemini e attraversa subito dopo Carsulae, città sorta proprio in funzione della strada come polo di attrazione delle popolazioni che fino ad allora vivevano sparse sulle colline e nelle campagne circostanti.

Uscendo da Carsulae, verso nord, e prima di giungere al Vicus Martis Tudertium, la Flaminia procede in modo quasi esclusivamente rettilineo, superando corsi d’acqua e asperità con strutture a volte imponenti. Nel comune di Acquasparta ha grande importanza nella definizione della storia della strada un lacerto della sostruzione di un ponte, in voc. Valle Petrosa, costruito in opera poligonale, la cui tecnica costruttiva, distinta da ogni altra struttura dell’arteria, riporta con ogni probabilità all’originario schema architettonico del III sec. a.C., epoca nella quale la Flaminia fu tracciata. Più avanti vi è la suggestiva visione della chiesa quattrocentesca di San Giovanni de’ Butris, impostata con parte della canonica su fondamenta costituite da un ponte in opera quadrata, che varcava un torrente poi deviato dal corso originario.

Ponte Fonnaia

La struttura è imponente, apparentemente eccessiva rispetto alla modestia del corso d’acqua superato, ma correttamente giustificata con l’esigenza di annullare il dislivello dato dalla profonda forra in fondo alla quale scorre il torrente. Nei pressi riveste grande importanza la presenza di una catacomba e di una basilica cristiana, segno della diffusione precoce del cristianesimo nel territorio umbro, reso possibile proprio dalla presenza di una grande arteria.
Dopo un breve tratto lungo il quale sorgono alcuni insediamenti rustici, si tocca il Vicus Martis, dei cui edifici pubblici restano solo pochissimi ruderi, in gran parte inglobati nelle strutture della chiesa di S. Maria in Pantano.

Oltre Massa Martana il tracciato si disperde. Fra le scarse presenze monumentali è un ponte presso l’Osteria del Bastardo, detto del Diavolo. Lungo la vallata del torrente Arrone la strada attraversava il territorio dell’antica Mevania. La cittadina era attraversata dalla Flaminia, che anche qui ne costituiva il decumanus maximus, e che conserva tuttora intatto l’originario reticolo viario. Ai margini del centro abitato sorgevano, come di consueto, molti monumenti funerari probabilmente appartenuti ai personaggi di rilievo nella vita cittadina, la cui presenza lungo la strada aveva un evidente valore esemplificativo nei confronti dei viandanti.
Dopo un lungo rettilineo, la strada si dirigeva verso l’attuale S. Giovanni Profiamma, il luogo dell’antica Forum Flaminii, in cui il tratto occidentale si riuniva a quello orientale. Di questo, pur essendo identificabile il percorso, restano solo poche testimonianze archeologiche, concentrate soprattutto nel centro di Spoleto.

Fuori della porta settentrionale della città sono i ruderi del ponte Sanguinario, ricostruito al tempo della revisione augustea. Fra Spoleto e Foligno alcuni recenti ritrovamenti – a Campo Salese di Spoleto, a Santa Maria di Pietrarossa di Trevi e a Santa Maria in Campis presso Foligno, indicano quale fosse l’andamento della strada fino al Forum Flaminii.
A nord, una serie di ponti, appartenenti alla fase augustea sono tuttora impiegati nella moderna viabilità, che segue i vecchi tracciati: il ponte Centesimo varca il fiume Topino, nella cui stretta vallata scorre l’arteria, che poco oltre è sostenuta da un lungo viadotto in località Capannacce e da una serie di briglie con la funzione di regolamentazione del regime idrografico. Anche nel territorio di Nuceria lungo il percorso della Flaminia sorgono importanti manufatti, come il ponte cosiddetto marmoreo, o la lunga sostruzione in opera quadrata in loc. Le Spugne, e resti di insediamenti umani, direttamente collegati alla strada e organizzati secondo l’assetto agricolo tipico del mondo romano all’inizio dell’età imperiale, e necropoli organizzate, come di consueto, ai margini del percorso. L’aspetto tipico della strada antica, ancora fiancheggiata da filari di querce, compare nella zona fra Gualdo Tadino (Tadinum) e Fossato di Vico (Vicus Helvillum), ai piedi della quale si distaccavano gli importanti diverticoli per Iguvium e Fabriano. L’ultima parte del percorso della Flaminia in territorio umbro non è del tutto sicura, disperdendosi in una serie di sentieri spesso non più identificabili. Restano tuttavia alcuni importanti opere, come il ponte cosiddetto etrusco sul torrente Scirca e il ponte Spiano sul torrente Fontursci nei pressi dell’odierna Sigillo, ed il ponte Voragine presso Scheggia.