Todi

Todi nicchioni

La documentazione archeologica, particolarmente abbondante a partire dal V sec. a.C., attesta una continuità abitativa fino a tutto il periodo preromano. I ricchi oggetti in bronzo restituiti dalle tombe, tra i quali la famosa statua di Marte, di altissimo livello artistico, depongono per una fiorente economia, specialmente tra il IV e il III sec. a.C.
La vicinanza con importanti arterie stradali, la Flaminia e l’Amerina, contribuì a favorire il processo di romanizzazione. Compresa, come altre città dell’Umbria meridionale, alla tribù Clustumina, venne successivamente assimilata nella regione VI, Umbria. Le numerose ville rustiche disseminate sul territorio di Todi suggeriscono inoltre una diffusa produzione vinicola.

Il foro e le cisterne

Una serie di lavori condotti per il consolidamento del colle su cui sorge la città di Todi ha permesso di conoscere in modo esauriente l’aspetto della zona centrale della città in epoca romana. La riscoperta del basolato antico in lastre di travertino ha mostrato che l’estensione dell’area forense era molto maggiore dell’attuale, estendendosi al di sotto dell’attuale Cattedrale, verso ovest, al di sotto della serie di edifici di fronte ai palazzi comunali, ed anche verso sud, dove ora sorge il palazzo dei Priori. La diversa tessitura della pavimentazione indica che essa ha subito varie trasformazioni e rifacimenti nel corso della sua storia, prevedendo al di sotto della superficie una serie di strutture per la conservazione delle acque. Si tratta di due blocchi paralleli di vani sotterranei scavati negli strati argillosi consolidati del sottosuolo tuderte nei quali convergevano le acque piovane, sufficienti alle necessità della vita quotidiana della città. Il nucleo orientale delle cisterne è stato reso accessibile grazie ad un’apertura praticata nei secoli scorsi, quando uno dei vani serviva da cantina per le abitazioni sovrastanti.
La funzione centrale del foro nella vita politica e amministrativa del centro romano è sottolineata dalla presenza di una serie di pozzetti, funzionali allo svolgimento di operazioni elettorali, secondo la complessa tradizione nota attraverso le fonti letterarie, oltre che dalle basi in opera cementizia di probabili gruppi statuari che si ergevano nella piazza. Ancora oggi si è conservata la funzione centrale della zona, sottolineata dalla presenza dei maggiori edifici pubblici, come i palazzi comunali, il palazzo dei Priori, la Cattedrale.

La cinta muraria e i cosiddetti Nicchioni

La parte sommatale del colle su cui sorge la città di Todi ha da sempre dovuto affrontare problemi legati alla natura geologica del sottosuolo; le frequenti frane e la conseguente periodica distruzione dei manufatti ha costretto le popolazioni a ricorrere a mezzi di vario tipo per contrastare il fenomeno; fino da epoca romana fu individuata la principale causa dei dissesti, nell’eccessiva imbibizione degli strati di terreno su cui sorgeva il centro: fu pertanto indispensabile realizzare una complessa rete di cunicoli drenanti ai quali affidare l’eliminazione dell’acqua in eccesso, e al contempo rinforzare le pendici con sostruzioni anche imponenti che ne impedissero il collasso. Lungo i fianchi del colle sono visibili molte di tali costruzioni, anche di dimensioni imponenti, come il grande bastione sovrastante il fosso delle Lucrezie, sul versante settentrionale, o quello che forma la base del complesso monastico di San Fortunato, verso sud. Una delle strutture più note è quella costruita sul versante meridionale del colle, a sostegno della zona sommitale; essendo posta in una zona particolarmente importante e visibile dalle vie di comunicazione che scorrevano nella vallata sottostante, e formando una sorta di quinta scenografica ad un grande piazzale, il bastione fu sistemato con una serie di nicchie, che in antico lo fecero ritenere come resto di un tempio dedicato a Marte, divinità ampiamente venerata nella città. Le recenti ricerche hanno permesso di identificare una struttura fondale profonda oltre nove metri, in opera cementizia, che sopra terra era stata rivestita da lastre e blocchi di travertino; il coronamento superiore, al di sopra della volta delle nicchie, era formato da una fascia a metope e triglifi, sopra la quale era il parapetto di una seconda grande piazza ad un livello superiore. All’interno, oltre ad un cunicolo drenante, era stata scavata una cisterna per la raccolta delle acque. In una delle nicchie è stato scoperto un mosaico pavimentale con motivi marini a tessere bianche e nere, che probabilmente decorava la vasca di un ninfeo addossato al monumento.

L’anfiteatro e il Museo Civico

Il grandioso edificio appartiene all'ampliamento urbanistico augusteo della città di Todi. Fu costruito fuori delle mura, secondo una tradizione diffusa in vari centri dell'Italia peninsulare, sia in quanto mancavano, nella compagine urbana più antica, gli spazi adatti alla impostazione di tal genere di edifici sia con la necessità di renderlo più facilmente accessibile anche alle popolazioni della campagna e delle città limitrofe.
Dell'anfiteatro restano limitati ruderi, sufficienti tuttavia a individuarne le dimensioni. Al di fuori della sua area sono visibili, lungo l’adiacente strada statale, alcuni tratti murari con nicchie, in opera cementizia rivestita da blocchi di travertino, che appartenevano a strutture di contenimento del terreno a valle del nuovo complesso per spettacoli. All’interno della chiesa di San Nicolò de Cryptis, costruita nell’arena, e nelle limitrofe case sono ancora visibili parte degli ambulacri e delle murature del monumento.
Il Museo Civico di Todi, ricavato all’interno dei palazzi comunali, ospita una sezione archeologica, nella quale sono confluiti vari materiali provenienti dai ritrovamenti, per lo più fortuiti, avvenuti a Todi nel corso degli ultimi due secoli; fra i pezzi più significativi una serie di terrecotte architettoniche rinvenute nella zona di Porta Catena, di elevato livello artigianale e in molti casi ravvivate dal colore, vari bronzetti votivi, fra i quali prevalgono le raffigurazioni di Marte, e un numero considerevole di ceramiche attiche a figure rosse, che denotano un forte benessere nella popolazione fra la fine del V sec. a.C. e l’età ellenistica, dovuto soprattutto al prevalente carattere mercantile della loro attività. Fra le produzioni locali è significativo un certo numero di coppe a vernice nera di livello modesto, e di oggetti nel cosiddetto “bucchero grigio”, di età ellenistica. L’età romana è documentata, oltre che da molti oggetti e ceramiche di uso comune, da frammenti di sculture in marmo, poste in varie zone della città.